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Cast
  • Alan Arkin
  • Louise Fletcher
  • Valerie Perrine
  • Lisa Whelchel
  • Shelley Winters
Produzione
  • Cannon Film

The Magician of Lublin (Il mago di Lublino) (1979)

Regia

Menahem Golan

Trama

Da un libro del premio Nobel Isaac Bashevis Singer il produttore/regista Menahem Golan, che con il cugino Yoram Globus proprio nel 1979 rilevò la Cannon Film diventata famigerata negli anni con film “spettacolari” e di alterna qualità, trasse un ambizioso film, Il mago di Lublino (1979) con cui voleva miscelare arte, ebraismo, spettacolo, sesso e poesia. Il film ha una bella ambientazione, arredi e fotografia sono evocativi e riescono a farti ben entrare in un’epoca e in un contesto di fine Ottocento, Golan spinge sul sesso (molte nudità, perfino Shelley Winters estrae un seno matronale) che era presente anche nel libro e sulle apparizioni teatrali del protagonista (che diventa una specie di Houdini) più collaterale in Singer, raggiungendo in alcuni momenti ragguardevoli risultati visivi come quando mostra la maschera tragica di Magda truccata da clown e prossima ad impiccarsi o quando il mago si getta dal palazzo tentando di volare come un Leonardo da Vinci del tempo. Storia di un mago girovago (interpretato magistralmente da Alan Arkin) che si divide tra quattro donne, la moglie lasciata al paese, una disinibita abitante del “paese dei ladri”, la sua assistente ed innamorata (continuamente tradita), la fragile Magda e il suo nuovo amore, la vedova borghese caduta in disgrazia di Varsavia Emilia. Finirà per rovinare tutto cercando di procurarsi denaro per fuggire con Emilia e con la figlia malata, andando contro i propri principi morali, tentando un furto e sarà costretto a tornare al paese dalla moglie dopo che Magda si è suicidata e dopo che ha perso tutto. Qui diventa un asceta. Il film bello visivamente come detto, corposo e corporale, ha il difetto di una farraginosità nella narrazione. “Se paragonato all’opera di partenza, il film di Golan rischia inevitabilmente di non soddisfare le aspettative, privo com’è di gran parte di quella componente mistica e surreale di cui è intriso il romanzo (…) ma anche dei suoi riferimenti profondi alla cultura Yiddish (…) Cionondimeno, il film non è privo di un suo fascino particolare” scrive Marco Cacioppo nell’esaustivo dossier “Cannon il cinema spaccone di Golan & Globus” sui numeri 105 e 106 di Nocturno. Halliwell sulla sua guida ai film vi trova riferimenti alti: “Curiosa e confusa favola con apparenti corrispondenze con la vita di Cristo, come ne Il volto di Bergman. Alla fine però non è indirizzabile a nessun tipo di pubblico, nonostante momenti di intelligenza”. Kezich lo massacra: “Al di là della scelta felicissima del protagonista la pellicola ha poco o niente da offrire (…) il gusto dello spettacolo è banale, da operettona fintamente sontuosa, appena sostenuto da qualche apparizione azzeccata”. Per il Mereghetti invece è “il film che non ci si aspetterebbe dal patron della Cannon: gonfio di pretese poetiche, e fiero di esibire costose ricostruzioni d’epoca. Diseguale e non del tutto riuscito” (voto 6+)

Trama a cura della redazione di

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