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Cast
  • Francesco Barilli
  • Luc Merenda
Produzione
  • Rai Cinema

Il paese del melodramma (2023)

Regia

Francesco Barilli

Trama

Francesco Barilli è un “pramsan dal sas”. Chi non lo ricorda protagonista di Prima della rivoluzione del parmense Bernardo Bertolucci prima di diventare un regista di culto degli anni ’70 con soli due film girati, ovvero Il profumo della Signora in nero e Pensione paura? Poi l’oblio, con la fine del grande periodo del cinema popolare italiano. E’ uno dei tanti registi protagonisti di quella stagione a non riuscire più a trovare i finanziamenti per lavorare. A Parma è riuscito tra la fine degli anni ’90 e l’inizio di questo secolo a girare alcuni interessanti documentari sulla sua (nostra) città. Ora, alla bellezza dei suoi 80 anni, pimpante, è riuscito a trovare i soldi per un piccolo film, Il paese del melodramma (2023) (un nome, un programma) che è principalmente un omaggio alla parmigianità, in cui i luoghi e i personaggi topici della città vengono inseriti nella trama con intelligenza. Verdi, soprattutto, la cupola del Correggio del Duomo di Parma e la deposizione dell’Antelami, il Teatro Regio in tutta la sua bellezza, il torrente Parma, il cimitero monumentale della Villetta, la lirica, ma anche una canzone in dialetto parmigiano e la tipica parlata di Parma (che raramente si è sentita al cinema anche nei film ambientati in questa città) di Luca Magri e di molti degli altri interpreti con intercalari peculiari del dialetto. Da questo punto di vista il film è più che riuscito e merita (sicuramente per tutti i parmigiani ma anche per tutti i cinefili curiosi) una visione (al momento è a pagamento su Prime). Vi sono anche le partecipazioni cult di Luc Merenda, rispolverato da Barilli direttamente dagli anni ’70, nei panni della morte e di Davide Pulici (una delle menti dietro la rivista Nocturno) nel ruolo di un prete che dimostra una padronanza recitativa (pur facendo un altro mestiere) superiore a quella dell’interprete principale che di fronte a lui sfigura. Per il resto il film non è proprio riuscitissimo. Un tenore una volta famoso ed ora caduto in disgrazia perché non ha mai superato la morte della moglie e della figlia, e per questo diventato un alcolizzato cronico, incontra “la morte” nella sua iconografia classica con tanto di falce che lo spinge ad interpretare il Macbeth per il suo piacere personale (una morte melomane!). Per farlo deve ridarsi una sistemata, riprendere in mano la sua vita e tornare a cantare come sapeva fare. Davanti a lui però si manifesta sotto varie forme la morte che lo perseguita… Nonostante una trama piuttosto semplice, ci sono alcuni passaggi poco chiari (ad esempio non si capisce bene perché la morte dovrebbe aver ucciso moglie e figlia del cantante per poterlo sentire cantare ancora…) e il film resta piuttosto piatto (il regista rimpiange le cineprese che usava una volta e che davano immagini più pittoriche), salvato da tutto quello che ho scritto in precedenza e da alcune scene degne del Barilli che conosciamo come regista di buon talento visivo (la morte sottoforma di bella ragazza di colore che espelle dalla bocca un serpente, il “pippone” di Pulici, la scena onirica della morte del padre, la bellissima scena notturna della Corale Verdi che canta sul Ponte di Mezzo). (Voto 6-) Il ristorante-osteria parmigiano Battibecco, qui diventato più un bar dove il protagonista va ad ubriacarsi, è il principale (e probabilmente unico) product placement del film.

Trama a cura della redazione di

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